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Carne rossa, flora batterica e... aterosclerosi

 

Quante volte, durante le vostra vita, avete sentito dire che è consigliabile mangiare poca carne rossa perchè un uso eccessivo può minacciare la vostra salute?

Tutte le piramide alimentari nostrane, dalle più vecchie alle più recenti, consigliano, per l'individuo in buona salute, che fa un'attività fisica moderata massimo 3 volte a settimana, un consumo di, massimo, una porzione a settimana.

Un nuovo studio, condotto presso la Cleveland Clinic di Cleveland, Ohio, a capo del quale troviamo il Prof. Stanley Hazen, conferma che un consumo eccessivo di carne rossa è associato ad un elevato rischio di malattie cardiovascolari.

A differenza di molti studi precedenti, Hazen si concentra sul ruolo della flora batterica e della L-carnitina, una proteina abbondante nella carne rossa.

Sempre Hazen, in una precedente ricerca, aveva chiarito il legame fra carne rossa e aterosclerosi.

Questa veniva e viene promossa da un composto chimico denominato trimetilamina-N-ossido (TMAO) che viene sintetizzato dalla trimetilamina, prodotta dai batteri dell'intestino a partire dalla L-carnitina.

Nell'ultimo studio pubblicato, è stato identificato un altro metabolita prodotto in grande quantità dalla flora batterica a partire dalla L-carnitina, la gamma-butirrobetaina.

Questo metabolita ha un tasso di circa 1000 volte più elevato rispetto alla trimetilamina prima descritta.

Inoltre, la gamma-butirrobetaina può essere a sua volta trasformata in TMAO.

Siamo quindi di fronte, secondo Hazen, alla sostanza più pericolosa per la salute cardiovascolare.

Un'ultima curiosità che emerge da quest'ultimo studio è che i batteri che producono gamma-butirrobetaina sono diversi rispetto a quelli che producono TMAO.

Questo aspetto apre nuovi scenari sulla possibile lotta e prevenzione della aterosclerosi attraverso l'inibizione di diversi enzimi batterici o attraverso il cambiamento della flora batterica intestinale con probiotici e altri trattamenti specifici.

Effetti benefici dell'assunzione della Rhodiola Rosea

 

La rodhiola rosea è una pianta tradizionalmente usata in medicina orientale. E' ampiamente distribuita nelle regioni artiche dell'Europa e dell'Asia.

E' classificata come un adattogeno, cioè aumenta la capacità del corpo ad adattarsi alle sollecitazioni esterne, allo stress sia fisico che mentale.

I primi studi risalgono a circa 40 anni fa, studiata prevalentemente in Russia e Scandinavia, ed è nota per la stimolazione del sistema nervoso, la capacità di migliorare la depressione, le prestazioni di lavoro e ridurre la sensazione di affaticamento.

E' da utilizzare nei periodi di forte stress, mentale e fisico.

E' di beneficio per gli atleti che svolgono periodi di forte ed intenso  allenamento, per gli atleti che praticano sport di squadra e per gli atleti impegnati in sport dove prevale la forza fisica.

Uno studio del 2001 ha dimostrato come l'utilizzo di rhodiola rosea ha migliorato la capacità dei soggetti di far fronte allo stress fisico e mentale. Quando siamo esposti a sollecitazioni, il corpo risponde regolando i livelli di alcuni ormoni chiave a livello del sistema nervoso centrale a lungo l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene.

Questi cambiamenti portano ad un aumento dei livelli di cortisolo e ad un abbassamento dei livelli di noradrenalina e dopamina.

Considerando che bassi livelli di noradrenalina e dopamina caratterizzano uno stato di affaticamento, anche l'eventuale prestazione atletica ne risentirà.

La caratteristica adattogena della rhodiola rosea consente di far adattare in modo più efficace l'organismo alle sollecitazioni esterne.

I componenti della rhodiola rosea che aumentano la resistenza alla fatica fisica e mentale sono la salidroside, i composti glicosidi salidroside simili e il p-tiroloso.

Alcuni di questi prodotti, inoltre, sembrano avere forti proprietà antiossidanti.

Uno studio del 2000 ha mostrato che il consumo di rhodiola rosea per 20 giorni ha migliorato significativamente la forma fisica di soggetti sottoposti allo studio e ne ha ridotto la fatica mentale.

I soggetti di questo studio erano studenti che erano nel mezzo di un periodo di esami universitari.

Un altro studio condotto su 56 giovani medici che erano occupati nel turno notturno, prevedeva l'assunzione a basse dosi di rhodiola rosea. Si è visto che la stanchezza mentale si è ridotta in modo significativo dopo l'assunzione dell'integratore.

Per quanto riguarda l'utilizzo nello sport, uno studio del 2004 ha dimostrato che la supplementazione di 4 settimane ha portato i soggetti ad avere una maggiore resistenza e ad una maggiore capacità aerobica.

Per concludere, inoltre, studi dei primi anni '90 hanno mostrato effetti positivi per quanto riguarda la protezione del muscolo cardiaco e del fegato.

In definitiva, l'assunzione di rhodiola rosea potrebbe migliorare la capacità di far fronte allo stress fisico e mentale, a proteggere cuore e fegato, a ridurre la fatica mentale e a migliorare la capacità aerobica, lattacida e la performance fisica di resistenza.

Come e quando nutrire il muscolo

Chi cerca la crescita muscolare, ma non solo, dovrebbe apportare elementi nutritivi di alta qualità ai propri muscoli e supplementi per massimizzare la performance e la crescita.

L'alimentazione nel fitness è stata ridefinita negli ultimi anni, portando ad avere come base questi piccoli suggerimenti:

- fare 5-6 piccoli pasti al giorno ogni paio di ore

- cercare di assumere proteine dall'alto valore biologico per costruire e riparare i muscoli

- assumere carboidrati complessi per ricaricare le energie

- limitare il carico di grassi, che comunque, nelle giuste dosi, sono importanti per la produzione di ormoni.

 

Il tutto sembra molto semplice, ma ci sono dei piccoli accorgimenti di cui bisogna tenere conto.

I carboidrati complessi, che non sono altro che molecole di zucchero incatenate fra loro, hanno bisogno di molto tempo per essere digeriti rispetto agli zuccheri semplici, che quindi sembrerebbero gli ideali da consumare durante il giorno stando, però, attenti al controllo dei livelli di zucchero nel sangue.

Gli zuccheri semplici entrano velocemente nel sangue e velocemente portano ad un rilascio di insulina.

L'insulina porta lo zucchero all'interno delle cellule del fegato e dei muscoli, stipandolo per un uso futuro.
Un eccesso di zucchero nel sangue però porta l'insulina a stipare lo zucchero stesso nelle cellule del grasso, i lipociti.

Quindi, per un controllo migliore dell'insulina, è meglio preferire il consumo di carboidrati complessi in associazione, eventualmente, ad una piccola dose di carboidrati semplici.

Chi pratica body building sa però che ci sono dei momenti dove avere livelli di zucchero elevati nel sangue aiuta nell'attività sportiva.

Per essere sicuri di non aver fame durante l'allenamento e di avere le giuste quantità di energie bisogna consumare un piccolo pasto pre allenamento, circa 30-60 minuti prima.

I nutrienti saranno pronti per l'allenamento e per il recupero post workout.

Quindi, prima di un allenamento, è importante mangiare un pasto composto da zuccheri complessi e semplici e da una quota proteica (che potrebbe variare in base alle caratteristiche fisiche soggettive).

Carboidrati a lento rilascio delle fibre più zuccheri velocemente digeribili, come maltodestrine e destrosio, combinati a proteine dall'alto valore biologico come quelle dell'albume d'uovo comporranno un pasto completo e utile all'allenamento.

 

Allo stesso modo, subito dopo l'allenamento, i muscoli sono depleti di glicogeno, consumato durante l'esercizio fisico.

Specialmente dopo un allenamento intenso il corpo si ritroverà in uno stato catabolico, contrario quindi alla crescita muscolare.

In questo preciso momento è opportuno assumere carboidrati semplici e facilmente digeribili insieme a proteine come quelle isolate dal latte che entreranno nelle cellule insieme allo zucchero.

Il tempo che caratterizza la così detta finestra anabolica è di circa due ore ed è quindi in questo arco di tempo che il corpo ha maggiormente bisogno di reintegrare tutte quelle sostanza che serviranno alla riparazione muscolare e alla crescita del muscolo stesso.

Ideale, dopo l'allenamento, sarebbe l'assunzione di un pasto liquido invece che solido, sempre per ottimizzare i tempi di digestione.

 

Ho parlato di proteine isolate dal latte.
Le migliori presenti sul mercato devono avere bassi livelli di grassi e lattosio, magari prodotte attraverso microfiltrazione.
Questo tipo di proteine sono assorbite velocemente, promuovendo la crescita muscolare e la riduzione del grasso corporeo grazie all'induzione dell'ormone della crescita.

Un altro integratore che può aiutare la crescita muscolare è la creatina. 
Questa naturalmente la si trova nelle fonti alimentari animali e mostra un incremento della sintesi proteica portando acqua all'interno della cellula.
Oltre a questo, porta ad un aumento della fosfocreatina nel tessuto muscolare, usata per la formazione di ATP

La supplementazione di glutammina aiuta la crescita muscolare, aumentando il volume cellulare dei miociti e liberando ormone della crescita.

La caffeina aiuta a mobilizzare le cellule grasse e, presa nel pre workout, accellera il metabolismo con conseguente maggiore forza e resistenza durante l'allenamento.

Comunque, si deve sempre tenere a mente che per avere un crescita muscolare importante bisogna, prima di tutto, seguire un programma d'allenamento preciso e mirato alle soggettive necessità, farsi seguire attentamente da professionisti preparati e qualificati, affiancando un programma alimentare che porti il soggetto a nutrirsi in maniera pulita e completa.

Si massimizza la crescita muscolare facendo particolarmente attenzione a ciò che si consuma, specialmente prima e immediatamente dopo l'allenamento. 

Attenzione allo iodio

 

Mettiamocelo bene in testa: respirare l’aria di mare non serve a farci assumere iodio. Per questo è fondamentale mangiare cibi che ne siano ricchi, pesce, molluschi e crostacei di mare in primis, e condire con (poco) sale iodato. Il consiglio vale per tutti, ma in particolare per le giovani donne in età fertile, con l’obiettivo di preservare la salute della tiroide e salvaguardare i neonati da futuri deficit intellettivi e psicomotori. E il messaggio va diffuso chiaro e forte anche in un paese circondato dal mare come l’Italia: una recente indagine condotta sui bambini in età scolare ha mostrato infatti che solo in tre Regioni, tra cui la Liguria, si raggiunge un adeguato apporto di iodio. I dati, raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità attraverso gli Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo, mostrano uno scarso apporto iodico anche nelle donne in gravidanza che non assumevano integratori e, nei neonati, una persistente frequenza di valori elevati di Tsh, un indicatore biologico specifico dell’ipotiroidismo congenito misurato con screening obbligatorio alla nascita.

La prevenzione è nel piatto. 
L’unico modo che abbiamo per assumere la quantità di iodio necessario al nostro organismo è attraverso il cibo. Considerato che l’apporto di iodio giornaliero raccomandato per un adulto è di 150 mcg (Iss), tra gli alimenti che non devono mancare sulla nostra tavola ci sono i prodotti ittici, soprattutto molluschi e crostacei, che contengono circa 74 mcg di iodio per 100 gr. Un buon contributo all’apporto viene anche dai formaggi stagionati (30 mcg/hg) e anche da una tazza di latte (15 mcg/hg), senza differenze tra latte fresco e a lunga conservazione né tra intero e scremato. Più modesto l’apporto di uova (8mcg/hg), cereali (6mcg/hg) e carni e pollame (3 mcg/hg).

Attenzione alla cottura.
 Va però considerato che con la cottura mediamente si perde circa il 30 per cento dello iodio (il 20% con la frittura, il 58% con la bollitura, e il 23% con la cottura alla griglia). Per questo è consigliabile utilizzare il sale iodato (non sostituibile con il sale marino integrale) e, in caso di diete iposodiche, consumare patate e carote iodate (0,25-0,5 mcg/g). In casi particolari e in gravidanza si possono assumere anche integratori contenenti quantità variabili di iodio (50, 100, 225 mcg) sotto forma di capsule molli che possono fornire dal 15% al 150% della razione alimentare giornaliera.

Mamme e bambini ne consumano di più. 
Lo iodio è indispensabile al corretto funzionamento della tiroide a cominciare dallo sviluppo prenatale. Ritardi nel linguaggio, dislessia, deficit psico motori, malformazioni congenite, cretinismo sono alcune delle più frequenti conseguenze di una carenza di iodio nella futura mamma o nelle fasi di sviluppo del feto, quando si formano alcuni degli organi più importanti, come il cervelletto. Se l’insufficienza di iodio è severa aumenta il rischio di aborto, di mortalità neo- e peri-natale, di ipotiroidismo neonatale, di gozzo neonatale e di deficit intellettivi gravi. È questo il motivo per cui nelle donne in gravidanza il fabbisogno giornaliero di iodio sale fino a 250 mcg. Anche per i lattanti il rischio è elevato: in questa fase il fabbisogno, in rapporto al peso corporeo, è maggiore che in ogni altra età della vita. In effetti il latte materno contiene una quantità elevata di iodio, più del doppio del latte vaccino; tuttavia, nel caso delle madri fumatrici, può non essere sufficiente. Per questo, durante la gravidanza e l’allattamento è importante assumere specifici integratori. “I deficit cognitivi della carenza di iodio nei bambini possono essere almeno in parte prevenuti con un’assunzione supplementare di questa preziosa sostanza durante la gravidanza”, spiega Mohamad Maghnie, Presidente Siedp, Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica e responsabile unità operativa di endocrinologia clinica e sperimentale dell’Istituto Giannina Gaslini, Università di Genova. "Dati recenti, frutto di diversi studi scientifici, dimostrano che l'assunzione di iodio nelle donne in gravidanza assicura al lattante un adeguato apporto nutrizionale di questa sostanza". Un risultato che suggerisce la necessità di sensibilizzare tutte le giovani donne, e in particolare quelle in gravidanza.

La campagna di informazione.
 Purtroppo, non solo i cittadini comuni ma anche la classe medica sembra non essere del tutto consapevole dell’importanza del problema. La raccomandazione del ministero della Salute sul sale iodato e la Legge 55/2005 sulla Iodoprofilassi sono rimaste inascoltate. “I dati diffusi dall’Iss e la mancanza di informazione, non solo da parte della cittadinanza ma anche da parte della classe medica, ci hanno indotti a promuovere una campagna ad hoc”, conclude il presidente della Siedp. Da ottobre 2014 fino a maggio la Società scientifica organizzerà incontri di informazione ed educazione in alcune scuole primarie e dell’infanzia di Genova, Torino, Milano, Bologna, Pisa, Roma, Napoli, Potenza, Bari e Cagliari, distribuirà materiale informativo ai medici e organizzerà una serie di tavole rotonde di aggiornamento su tutto il territorio nazionale.

 

Fonte: d.repubblica.it/benessere/2014/12/05/news/gravidanza_iodio_carenza_rischi_consigli_prevenzione-2401483/

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