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Ruolo degli Omega 3 nella prevenzione del cancro alla prostata

 
È noto che l’assunzione abituale di acidi grassi omega-3 con il pesce o con l’olio di pesce riduce il rischio di malattie del cuore e della circolazione, migliora l’efficienza cerebrale e contrasta il diabete .
Gli omega-3, del resto, sono i peggiori nemici dell’infiammazione cellulare, quella che, agendo silenziosamente per anni, è la causa o la concausa di queste e di varie altre malattie.
Spesso si è detto che, proprio grazie a tale azione antinfiammatoria, gli omega-3 combattono anche il cancro, tra cui quello della prostata.
 
Una ricerca recentissima dimostra non soltanto che questo è assolutamente vero, ma – per la prima volta – indica con quale meccanismo molecolare gli omega-3 riescono a bloccare il cancro stesso.
 
Lo studio è stato condotto presso la Washington State University. I risultati di questa ricerca mettono in discussione gli esiti di studi precedenti e contraddicono quello pubblicato nel 2013 sul Journal of National Cancer Institute che aveva rilevato un legame fra elevati livelli di acidi grassi e l’insorgenza del tumore alla prostata.  
Secondo i dati rilevati dai ricercatori della WSU, si evidenzia che gli omega-3 si legano a particolari recettori delle cellule tumorali chiamati FFA4 (“Free Fatty Acid Receptor 4”) facendo sì che le cellule stesse non possano moltiplicarsi.
 
Si noti che la ricerca è la prima a dimostrare l’efficacia degli acidi grassi omega-3 nel campo dei tumori, in quanto è stata effettuata su cellule cancerogene di prostata umana. 
 
Seguiranno ulteriori studi di approfondimento.
 
 
 
Omega-3 fatty acids and other FFA4 agonists inhibit growth factor signaling in human prostate cancer cells.
J Pharmacol Exp Ther 2015 Feb;352(2):380-94. doi: 10.1124/jpet.114.218974. Epub 2014 Dec 9.

Liquirizia ed effetti su dispepsia e ulcere

 

Molti soggetti sono affetti, a volte anche per lunghi periodi, da complessi sintomatologici caratterizzati da dolore

addominale superiore (gastralgia), digestione lenta, eruttazione, meteorismo, nausea e vomito.

Si parla in questi casi di dispepsia episodica o cronica.

Alcune volte, queste situazioni fisiopatologiche, si trovano associate ad altr problematiche, come le ulcere.

Queste sono provocate, nella maggior parte dei casi, da uno squilibrio tra fattori aggressivi e fattori protettivi.

In casi di situazioni di emergenza, come la perforazione della mucosa e della parete dell'intestino, bisogna intervenire chirurgicamente.

Il trattamento farmacologico, di solito, è molto complesso e prevede l'utilizzo di varie categorie farmacologiche, sia a livello sintomatico che eziologico.

Prima di arrivare a tanto, però, si potrebbe imparare ad utilizzare una pianta molto comune, sicuramente conosciuta da tanti. La liquirizia.

Le radici e i rizomi della liquirizia contengono importanti molecole e proteine, come la glicirrizina, varie saponine, flavonoidi e cumarine.

La liquirizia ha attività citoprotettiva, antinfiammatoria e cicatrizzante sulla mucosa gastrica e duodenale, sia per contatto diretto con la lesione, sia per stimolo indiretto alla produzione di muco da parte delle cellule della parete gastrica.

La liquirizia trova pertanto indicazione nella prevenzione delle ulcere gastriche e duodenali, delle gastriti e delle ulcere da farmaci.

Ha, inoltre, un effetto antispastico sulla muscolatura liscia esercitato dai flavonoidi.

Da utilizzare sempre nelle giuste dosi e solo all'accorrenza a causa di possibili effetti collaterali, come l'aumentata perdita di potassio, eventuali effetti lassativi, ipesensibilità accertata verso uno o più componenti.

Perchè il grasso addominale è pericoloso?

 

Il tessuto adiposo è da considerarsi come un organo di tipo endocrino e se non aiutato nelle sue funzioni fisiologiche può diventare pericoloso.

Il grasso addominale, così come quello viscerale e quello sottocutaneo, produce citochine, molecole responsabili di infiammazioni locali prima e sistemiche dopo.

L'accumulo di grasso addominale e viscerale provoca, inoltre, problemi a carico del sistema cardio-vascolare, portando il cuore a sforzarsi maggiormente per irrorare i nuovi centimetri di tessuto che si sono venuti a creare con l'accumulo dell'adipe.

Il risultato è un incremento della pressione arteriosa e comparsa di possibili aritmie cardiache.

Negli uomini può provocare anche una riduzione dei livelli di testosterone.

Predispone al diabete mellito di tipo 2, si accompagna ad una riduzione di massa muscolare e crea le condizioni per la comparsa di steatosi epatica.

Per accelerare il percorso di dimagrimento bisogna favorire la funzionalità del tessutto adiposo addominale.

Se questo è infiammato, l'ossigeno si riduce, il tessuto connettivo si altera e perdere grasso diventa ancora più difficile.

Occorre scegliere un'alimentazione che riduca il volume degli adipociti ma che favorisca anche l'attività antiinfiammatoria utile ad abbassare la concentrazione di citochine proinfiammatorie.

Per concludere, di fondamentale importanza è aumentare il volume della massa magra con una sana attività fisica.

Consumo di broccoli e ipotiroidismo

 

I broccoli e le altre verdure appartenenti alla classe delle crocifere, come cavoli, cavolfiori e rape, non sono di per sè "cattivi" per il funzionamento della tiroide ma devono essere consumati in quantità moderate da chi soffre di ipotiroidismo o da gozzo.
I broccoli sono alimenti ricchi di sostanze benefiche nei confronti della riduzione dell'insorgenza di tumori come quelli del colon-retto, del polmone, della prostata e del seno. 

Se si dispone di una funzione tiroidea normale, le sostanze goitrogene sono di gran lunga meno importanti rispetto alle sostanze che danno benefici alla salute di un individuo.

Le sostanze goitrogene sono una classe di composti isolati dalle crocifere e sono sostanze che contribuiscono allo sviluppo del gozzo in individui a rischio.

Queste sostanze sembrano interferire con l'assorbimento di iodio, in particolare quando lo iodio è limitato nella dieta, e sono state associate, come detto sopra, alla formazione di gozzo in popolazioni che, di solito, hanno nella loro dieta % di iodio basse, come in alcune parti dell'Africa.

E' anche vero che, secondo alcuni studiosi americani, i problemi legati alla tiroide delle popolazioni occidentali sono di origine autoimmune, causati da un'eccessiva esposizione alla iodio presente nella nostra alimentazione, quindi, a detta loro, queste sostanze potrebbero aiutare a prevenire queste malattie autoimmuni.

La cottura dei broccoli, comunque, elimina molte sostanze goitrogene, anche se rimane poco chiaro quale sia la cottura più appropriata.
La teoria più accreditata prevede una cottura dei broccoli di circa 30 minuti.

Al momento si ritiene, comunque, che chi non ha sintomi legati all'ipotiroidismo può mangiare broccoli senza particolari problemi o attenzioni.

Se si ha alle spalle una storia familiare legata a problemi di ipotiroidismo sarebbe meglio evitare di mangiare broccoli crudi, limitando il consumo, invece, per chi ha manifestato già i sintomi.

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