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Prevenzione e controllo dell'obesità con un rapporto di 1 a 1 fra Omega-6 e Omega-3

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Purtroppo nella società occidentale moderna l’alimentazione ha preso vie a noi non congeniali. Abitudini, gusti, mancanza di tempo, portano le persone a mangiare quello che il mercato offre, senza chiedersi se è veramente salutare quello che stanno ingerendo. Come tutti sapete, questa abitudine ha portato alla comparsa di svariate condizioni fisiopatologiche non ottimali per la nostra salute.

Forse, la situazione più comune che risalta maggiormente anche ai meno esperti è la diffusione dell’obesità.

 

Partendo dal presupposto che la corretta alimentazione e imparare a mangiare sarebbe la cosa ottimale almeno all’inizio, se ci vogliamo “specializzare” nell’affrontare questo problema non dobbiamo fare altro che cominciare a saper scegliere e a saper usare determinate fonti alimentari per far si che il nostro organismo raggiunga un determinato equilibrio fra tutte le sue componenti.

Fra queste componenti non possiamo non citare gli acidi grassi, sia essi saturi sia essi polinsaturi.

La rivista Open Heart (Journals from BMJ Press Release) ha pubblicato un editoriale di Artemis Simopoulos, del Centro di genetica, nutrizione e salute di Washington DC e di James DiNicolantonio del Saint Luke's Mid America Heart Institute, Kansas – Missouri, sull’importanza dell’assunzione bilanciata di omega-6 e omega-3 per combattere l’obesità. 

 

Gli autori affermano che gli esseri umani si sono evoluti seguendo una dieta che forniva la stessa quantità di omega-3 e omega-6. Un equilibrio fondamentale per lo sviluppo del feto in gravidanza, per il neonato durante l'allattamento e nella prevenzione e nel trattamento delle malattie croniche. Quel valore ottimale di 1:1 (o al limite 2:1) è stato progressivamente sostituito nell’alimentazione moderna da un rapporto squilibrato di 16:1 a favore degli omega-6. 


La differenza sostanziale è conseguente alle modifiche alimentari verificatesi negli ultimi cento anni, dovute alla tecnologia alimentare e all'agricoltura moderna che hanno portato alla produzione di oli vegetali, tra cui quello di girasole, di soia e di mais ricchi in omega-6. Lo squilibrio riguarda anche gli animali, che prima pascolavano sull'erba contenente omega-3, mentre adesso vengono alimentati con cereali, mais e soia con elevato contenuto di omega-6. E nel settore dei mangimi animali sono aumentati i livelli di acido linoleico e di acido arachidonico, due omega-6. Elevati livelli di omega-6, del resto, possono portare a un aumento del tessuto adiposo bianco e dell'infiammazione cronica, condizioni proprie dell'obesità, legate anche al diabete di tipo 2, alle cardiopatie, alla sindrome metabolica e al cancro. 

L'organismo ha una significativa necessità anche di omega-3 e l'equilibrio 1:1 è cruciale. Gli acidi grassi agiscono sul sistema nervoso influenzando l'assunzione di cibo e la sensibilità agli ormoni coinvolti nel controllo della glicemia e nella soppressione dell'appetito. Ma non solo. Precedenti ricerche collegano gli omega-3 a una riduzione del tessuto adiposo e al calo ponderale, mentre gli omega-6 si associano a un aumentato rischio di aumentare di peso. 

Gli autori sottolineano che è giunto il momento di aumentare nella dieta gli omega-3 e di diminuire gli omega-6,modificando gli oli per cucinare e mangiando meno carne e più pesce. È responsabilità dei governi e delle organizzazioni internazionali di stabilire politiche nutrizionali basate su dati scientifici, evitando di focalizzarsi esclusivamente sull'introito calorico e sul dispendio energetico, strategie che negli ultimi 30 anni hanno fallito miseramente.

 

 -Simopoulos A.P., DiNicolantonio J.J. - The importance of a balanced ω-6 to ω-3 ratio in the prevention and management of obesity - Open Heart 2016;3:e000385

 

 

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