Dott. Francesco Margheriti - Biologo Nutrizionista

  • Alimentazione e integrazione negli sport di squadra

    Per sport di squadra, usualmente, si intendo quegli sport dove si alternano scatti, movimenti esplosivi, movimenti basati sull’uso della forza, momenti di riposo, conosciuti anche come sport a carattere misto aerobici/anaerobici.

    All’interno di un team, di una squadra, esistono poi vari ruoli, ognuno caratterizzato da un tipo di movimento particolare e da un tipo di prestazione caratteristica.

     

    La nutrizione, la supplementazione e l’integrazione devono quindi tenere conto delle diversità riscontrabili fra i diversi tipi di sport di squadra e, soprattutto, tra i diversi ruoli che compongono una squadra.

    Altra caratteristica fondamentale di un approccio nutrizionale personalizzato è la calendarizzazione di alcuni eventi sportivi ai quali quella squadra e quell’atleta devono partecipare.

    Il tipo di attività fisica, l’intensità, la durata e la frequenza degli allenamenti e delle gare, avranno un ruolo determinante nella stima del fabbisogno energetico-nutrizionale giornaliero.

    Molti studi hanno dimostrato quanto sia facile trovare disidratazione in atleti d’elite. La disidratazione è direttamente correlata alla ridotta capacità di esercizio, maggiore percezione dello sforzo e decremento delle prestazioni mentali e di abilità del gesto atletico.

    I carboidrati, mentre una volta venivano considerati come la base della nutrizione dello sportivo, ora sono diventati oggetti di studio e dibattiti. In molte discipline sportive, bassi livelli di carboidrati sono un fattore determinante per l’affaticamento e la riduzione delle prestazioni. L’esigenza di carboidrati dell’atleta sono strettamente legati alla variazione di carico negli allenamenti di giorno in giorno, i vari micro cicli e macrocicli nel calendario, e al diverso livello dell’atleta.

    Gli atleti, quindi, dovrebbero variare il loro apporto di carboidrati in base alla presenza o meno di determinate situazioni fisiche e atletiche.

    Ci sono evidenze sulla tempistica di assunzione di determinati nutrienti e sul loro effetto nel post allenamento. Il consumo di carboidrati insieme a proteine dopo l’esercizio può contribuire a ridurre i DOMS presenti nei giocatori in molti sport di squadra (Cockburn et al., 2010), anche se questo non è un punto di vista sempre condiviso (Pasiokos et al., 2014).

    Condiviso un po’ da tutti è il fatto, invece, che una ingestione di proteine dopo l’esercizio fisico  fornisce un supporto considerevole ad un aumento della sintesi proteica.

    Le proteine del siero del latte sarebbero le migliori da inserire in questo profilo grazie alla presenza di leucina e alla rapida digeribilità.

    Ha senso, tuttavia, per ottimizzare il recupero, distribuire le proteine nei pasti e negli spuntini consumati nel corso della giornata, soprattutto nelle 24h dopo un allenamento intenso.
    Da sempre esiste un dibattito sul fabbisogno totale di proteine negli atleti, ora fissati genericamente tra circa 1.2-1.6 g/kg di massa corporea al giorno.

    Nello sport, lo scopo principale dell’uso dell’integratore deve essere quello di aiutare gli atleti a mantenere uno stato di salute ottimale nell’ottica di prevenire eventuali infortuni. I supplementi e gli sports foods, invece, sono ottimizzati per tollerare e ottimizzare un livello maggiore di allenamento e per velocizzare il recupero.

    Stando alla letteratura scientifica, i supplementi che godono di maggiore interesse da parte della comunità scientifica nel capire i pro e i contro del loro utilizzo in atleti di sport di squadra sono: la creatina, le proteine, gli amminoacidi essenziali e ramificati, sport drink, caffeina e beta alanina.

    Gli atleti di sport di squadra vanno educati ad una buona e regolare alimentazione qualitativa che rispetti anche la tempistica di assunzione dei nutrienti. Integrare diventa necessario in alcuni casi per evitare carenza nutrizionali e la supplementazione adeguata e supportata dalla letteratura scientifica può aiutare la dieta dell’atleta ad ottimizzare le prestazioni e migliorare il recupero.

     

     

     

     

  • Attività fisica nella prevenzione primaria e terziaria

    Spesso, parlando con i miei pazienti, ho sottolineato quanto io, biologo nutrizionista e preparatore di I livello FIPE, veda come complementari e paralleli la corretta nutrizione e la corretta attività fisica.

    Molte volte mi è stato detto che, colleghi ed esperti del settore, vedano la soluzione a tutti i mali o in una o nell’ altra sponda.

    Per me non è così.

     

  • Banane e sport drinks.

    Uno studio della Appalachian State University, NC, afferma che le banane sono da considerare come un'ottima fonte di energia per vari sport, soprattutto quelli di resistenza.
    Le banane sono ricche di potassio e altri nutrienti.
    Sono stati valutati gli effetti dell'assunzione di banane in confronto all'assunzione di carboidrati attraverso sport drinks.

    Per lo studio, ciclisti allenati hanno consumato metà banana o l'equivalente dello sport drink ogni 15 minuti, con prelievi di sangue prima e dopo l'esercizio, durante una corsa simulata di 75 km.

    Le conclusione ci dicono che non solo è stato mostrato che, a livello di mitigazione della fatica, sia le banane che gli sport drinks hanno lo stesso effetto, ma le banane, a differenza degli sport drinks, costituiscono una fonte di antiossidanti, fibre, potassio e vitamina B6 miglire con, inoltre, un rilascio di carboidrati nel sangue più lento, quindi migliore per quanto riguarda i pericolosi picchi insulinici durante un'attività sportiva.

     

  • Carboidrati a cena

    Carboidrati anche la sera?

    Quante volte avete sentito che i carboidrati non devono essere assunti la sera? Sicuramente tante, troppe volte...

    Effettivamente esistono tanti studi che lo dimostrano, ma non viene "raccontato" che i soggetti che prendono parte a questo studio sono soggetti che hanno grossi problemi di peso, generalmente con BMI superiore a 30, ed un metabolismo basale molto rallentato e che , durante il periodo di studio, hanno seguito una dieta fortemente ipocolarica.

    Tenendo a mente che in qualsiasi caso bisogna portare avere uno stile di vita sano, con attività fisica moderata e dieta normocalorica, bisogna tenere in considerazione anche altri fattori.

    Un pasto serale con carboidrati porta ad un picco di insulina che innalza la leptina (l’ormone dalla sazietà) per tutto il giorno successivo. In questa maniera, assumendo più carboidrati alla sera, durante il giorno la “necessità” e la “voglia” di carboidrati diminuisce.
    Allo stesso tempo, assumendo carboidrati la sera, viene prodotta la serotonina (l’ormone del “piacere) che a sua voltà abbassa il livello di cortisolo (l’ormone dello stress).

    Livelli cronici alti di cortisolo, se in una prima fase portano ad un dimagrimento generale, a lungo andare provocano accumulo di grasso viscerale, centrale e del dorso, con tutte le conseguenze del caso, negative per la salute, che riguardano l’apparato cardiovascolare in generale, il diabete e la resistenza all’insulina.

    Quindi, in conclusione, consiglio, dopo eventuale attenta valutazione, alle persone che hanno livelli di stress alto, accumulo di grasso di tipo androide, cioè nella parte superiore del corpo e rapporto vita/fianchi molto alto, di non privarsi dei carboidrati alla sera, l’importante è che siano a basso indice glicemico.

     

  • Carboidrati: quantità diverse per sport diversi

    Il carburante principale per l’attività fisica, soprattutto per gli esercizi aerobici e ad alta intensità, è rappresentato dai carboidrati. Sappiamo che i carboidrati si dividono in monosaccaridi, come il glucosio e il fruttosio, disaccaridi, come il saccarosio e il lattosio, e polisaccaridi, di cui il più importante è il glicogeno, che rappresenta una importante riserva energetica per l’organismo e si trova depositato nel fegato e nei muscoli.

    L’equilibrio tra i vari nutrienti energetici deve essere tale che i carboidrati, fonte energetica primaria e limitante per qualsiasi disciplina sportiva, siano introdotti così da coprire il 55-70% delle calorie totali giornaliere, idealmente suddivise in 10-15% oligosaccaridi e 40-60% polisaccaridi.

    Un’adeguata introduzione di carboidrati non solo serve a “risparmiare” le proteine dell’organismo, ma serve soprattutto come “primer” per il catabolismo degli acidi grassi, perché come è ormai noto i grassi bruciano al fuoco dei carboidrati.

    Il catabolismo degli acidi grassi, infatti, in parte è condizionato dal catabolismo dei carboidrati in quanto la loro deplezione comporta un rallentamento dell’attività del Ciclo di Krebs che si traduce in una riduzione del catabolismo degli acidi grassi (Richter & Sahlin, 1992).

    Una dieta a basso contenuto di carboidrati, quindi, compromette rapidamente le riserve energetiche necessarie per un’intensa attività fisica e/o un allenamento regolare.

    Escludere dalla dieta le energie che provengono dai carboidrati, porta, pertanto, l’individuo ad allenarsi in uno stato di relativa deplezione di glicogeno. Questo può causare una certa “stanchezza” che rende difficile la prestazione fisica sia durante l’allenamento che durante la gara (Coggan et al., 1991). 

    Con la riduzione del glicogeno muscolare si riducono l’intensità del lavoro muscolare e quella dell’esercizio fisico. La riduzione del glicogeno muscolare si associa inoltre anche ad infortuni muscolari e a depressione del sistema immunitario (Rodriguez et al., 2009). Non va inoltre dimenticato che, mentre il glicogeno epatico viene recuperato abbastanza velocemente, quello muscolare non si reintegra molto facilmente anche se la dieta contiene un alto livello di carboidrati. E’ stato infatti dimostrato che sono necessarie circa 24h per tornare a livelli adeguati dopo un esercizio intenso e prolungato (Coyle et al., 1993).

    Talvolta, nonostante un’adeguata assunzione di carboidrati, le concentrazioni di glicogeno muscolare, successive ad una gara/allenamento molto stressante possono non essere completamente ristabilite nemmeno nelle 24-48h successive. In questo caso dovrebbe essere ridotto l’allenamento oppure aumentati i tempi di recupero tra due sessioni, onde evitari il rischio di infortuni. Inoltre, i benefici che si possono trarre favorendo un recupero rapido e completo tra due sessioni di allenamento si possono trasformare, nel tempo, in un migliore adattamento all’allenamento stesso e ad un miglioramento della performance (Hawley et al., 2007).

    Durante le sessioni di gara o allenamento, quando si ha bisogno di grande quantità di energia in tempi brevi, o dopo, per reintegrare, è fondamentale l’assunzione di zuccheri semplici, presenti naturalmente nella frutta, latte, miele e, in piccole concentrazioni, in verdure e cereali (maltosio).

    E’ ormai chiaro che l’elemento più importante nella strutturazione delle riserve di glicogeno muscolare è rappresentato dalla quantità di carboidrati assunta con la dieta.

    Importante è notare che, a differenza dei depositi di lipidi, quelli del glicogeno sono molto limitati e, anche quando raggiungono i livelli massimali, sono sufficienti a coprire dispendi energetici dell’ordine solo di 2000 kcal.

    Il fabbisogno giornaliero di carboidrati comunque non può essere considerato fisso in quanto è strettamente relazionato al tipo di sport praticato e quindi dipende dall’intensità e dalla durata dell’esercizio fisico che l’atleta deve sostenere. In quest’ottica, piuttosto che definire la % di apporto calorico con la dieta, è opportuno parlare di intake in grammi per kilogrammo di peso corporeo. Recenti raccomandazioni circa l’assunzione di carboidrati riconoscono per alcuni gruppi di atleti quantità diverse in funzione della dimensione corporea e del carico di lavoro.

     

    Il target di 8-10g/kg per carichi particolarmente intensi e 5-7g/kg per carichi più moderati, rappresentano una raccomandazione generica che deve essere adeguata agli obiettivi nutrizionali e ai riscontri prestazionali di ogni singolo atleta. Ad esempio, per quanto riguarda i maratoneti e i triatleti sarebbe preferibile un apporto di 10g/kg di peso corporeo giornalieri. Gli sprinters e i sollevatori di peso invece hanno bisogno di 5g/kg.

  • Correlazione fra assunzione di fosfatidilserina e attività fisica

    Uno studio anglo-americano, pubblicato sul Journal of the International Society of Sports Nutrition, ha valutato gli effetti di un'assunzione di fosfatidilserina in soggetti che svolgono un'attività fisica moderata.


    Studi precedenti avevano mostrato che la supplementazione di fosfatidilserina (PS) ha il potenziale per attenuare i valori di cortisolo in risposta allo svoglimento di esercizio fisico.


    Lo studio ha valutato la concentrazione nel plasma di cortisolo, lattato, ormone della crescita e testosterone, prima, durante e dopo l'esercizio in soggetti maschi adulti.
    10 uomini hanno partecipato allo studio. Ognuno assumeva 600mg di PS o un placebo per 10 giorni.
    I risultati hanno mostrato che la PS, effettivamente, abbassa i livelli di stress post allenamento e previene il deterioramento fisiologico che accompagna l'esercizio fisico moderato. Inoltre, la PS, promuove un aumento significativo dei livelli di testosterone.


    La fosfatidilserina è estratta dal cervello di animali o dalla soia. Si preferisce l'utilizza di quest'ultima perchè molti studi mostrano minori effetti indesiderati rispetto a quella di origine animale.

     

  • Creatina monoidrato e suo utilizzo nel calcio

    La creatina monoidrato è utile nel calcio?

    Studi sulla supplementazione cronica di creatina monoidrato nel calcio ad alto livello sono relativamente pochi.


    Uno studio brasiliano, condotto dall'Università di San Paolo, ha cercato di capire quanto l'assunzione di creatina monoidrato può influire sulla prestazione fisica di un calciatore.
    Sono stati analizzati 14 giocatori d'elitè nella fase del precampionato.
    I calciatori partecipanti allo studio hanno assunto 20gr al giorno di creatina monoidrato, per una settimana, divisi in 4 dosi giornaliere da 5gr ciascuna, per poi passare a 5gr al giorno nelle successive 6 settimane.
    Il gruppo di controllo assumeva, nelle stesse dosi, un placebo.
    Entrambi i gruppi hanno svolto lo stesso tipo di allenamento.
    Alla fine dello studio le caratteristiche antropometriche di entrambi i gruppi non erano diverse dall'inizio, la variazione di BMI era simile, con un aumento in entrambi i gruppi.
    Per quanto riguarda, invece, l'allenamento, è emerso che chi assumeva la creatina monoidrato aveva una performance migliore, con una diminuzione del calo della forza nei muscoli degli arti inferiori, con una sensanzione di fatica che, rispetto al gruppo placebo, tardava a manifestarsi.


    In definitiva, l'assunzione di creatina monoidrato nel calciatore, se eseguita in maniera razionale e personalizzata, magari sotto consiglio specialistico, può migliorare la performance legata alla forza e alla resistenza.

     

  • Maltodestrine e sport

    Le maltodestrine sono prodotti risultanti dalla idrolisi degli amidi.
    A differenza degli altri tipi di amidi che possono essere utilizzati prima di una prestazione sportiva, come il riso, la pasta e i cereali, le maltodestrine richiedono tempi di digestione inferiore così come di biodisponibilità.
    Dall’ idrolisi di cui sopra si originano vari tipi di maltodestrine, con lunghezze della catena saccaridica più o meno diverse fra loro.
    E’ proprio questa differenza di lunghezza a determinare la D.E. (Destrosio Equivalenza) della maltodestrina e il suo indice glicemico.
    La cosa importante da tenere a mente è quella di scegliere maltodestrine a basso D.E. perché tanto più basso è il valore di D.E. tanto più basso sarà il valore dell’indice glicemico e tanto più i valori glicemici saranno costanti durante l’attività sportiva evitando, quindi, pericolose e brusche alterazioni del tasso di glicemia che porterebbero a risposte insuliniche impreviste con conseguenze non sempre controllabili durante la prestazione sportiva.

     

  • Quando e perché assumere carboidrati durante l'allenamento

    Assumere carboidrati durante l'allenamento può aiutarvi ad allenarvi più a lungo, più duramente e, spesso, ottenere risultati migliori. 

    Se vi siete mai allenati per molto tempo e abbastanza duramente avrete spesso sentito la sensazione di fatica nel bel mezzo della sessione di allenamento, sensazione che non vi ha permesso più di allenarvi come vi eravate prefissati.

    Molti, e mi è capitato spesso di vederlo soprattutto nelle palestre, usano bere degli stimolanti a base di caffeina, sostanze che aiutano sicuramente, ma non tanto quanto una ottima nutrizione pre allenamento. Oppure, in alcuni casi, non tanto quanto una corretta assunzione di carboidrati durante la stessa sessione di allenamento.

     

    Perché aggiungere carboidrati durante l'allenamento? 

    Perché sono la prima fonte di energia del muscolo. Più duramente e più intensamente vi allenate, più la vostra muscolatura ha bisogno di carboidrati per lavorare bene. Soprattutto per gli sport di tipo anaerobico come il bodybuilding o il powerlifting.

    Durante un allenamento ad alta intensità, la fatica compare quando il glicogeno muscolare e il glucosio circolante cominciano ad esaurirsi.

     

    In questo caso è il momento di utilizzare, in maniera intelligente, i carboidrati. Aggiungendo carboidrati in sessioni particolarmente dure e lunghe, si può bypassare il primo senso di fatica e puntare a terminare l'allenamento. Concetto che vale sia in fase di "massa", sia in fase di "definizione".

     

    I carboidrati assunti durante l'allenamento potrebbero essere l'anello mancante per portare il vostro corpo ad un livello superiore.

     

    Il consumo di carboidrati aiuta a rifornire il muscolo di benzina di facile ed immediato utilizzo, aiutandovi a finire l'allenamento quasi alle stesse condizione di quando questo è iniziato.

     

    I carboidrati, oltre ad aiutare il muscolo, aiutano il cervello!!! Preparazione mentale, concentrazione e capacità di affrontare la fatica sono cruciali per ogni esercizio, ma soprattutto per gli esercizi con i pesi. Bassi livelli di carboidrati possono contribuire ad avere meno forza, non solo dal punto di vista muscolare, ma anche mentale.

     

    I carbo ingeriti durante l'allenamento controllano l'aumento della concentrazione di cortisolo sia durante che dopo l'allenamento, fino a molte ore dopo. Limitando i processi catabolici dovuti ai livelli di cortisolo, si potrà recuperare più velocemente rispetto al normale.

     

    Consumandone durante l'allenamento, questi saranno subito utilizzati per quell'attività, lasciando meno possibilità al corpo di immagazzinarli sotto forma di grasso.

     

    Quando parlo di assunzione di carboidrati durante l'allenamento, non parlo di pasta o pizza da portarsi in palestra. Durante una sessione di allenamento è di fondamentale importanza che i carboidrati siano assunti sotto forma di liquido, molto più semplici da digerire.

     

    Si può ovviare facilmente a questo problema utilizzando del semplice destrosio nel vostro sport drink preferito, da bere durante l'allenamento.

     

    Come detto sopra, l'assunzione di carboidrati durante l'allenamento va fatta in maniera intelligente e non tutti i tipi di sport o non tutti i tipi di allenamento ne esigono l'utilizzo.

    Tutto dipende da durata, volume e intensità (soprattutto il primo e il terzo punto).

     

    Durata: in molti casi, sarebbe necessario utilizzarli se l'allenamento supera l'ora (alle volte anche 45 minuti se parliamo di un allenamento non stop ad alta intensità).

    Gli allenamenti con durata inferiore devono essere preparati con un ottimo pasto pre-workout.

     

    Intensità: non necessariamente l'intensità da sola ci deve portare a pensare ad un utilizzo di carbo durante l'allenamento, ma, in generale, se l'allenamento è strutturato su ripetizioni lunghe di un esercizio (6 o più volte), allora sarebbe il caso di provare ad assumerli.

     

    Quanti carboidrati assumere?

     

    Fermo restando che alla base di tutto abbiamo l'altezza, il peso, l'allenamento, la nutrizione pre e post wo e l'obiettivo dell'allenamento stesso (tutti aspetti molto soggettivi), di base le quantità da assumere sono le seguenti:

     

    Meno di 45' di allenamento >> 0gr

    Dai 45' ai 60' >> 15-30gr

    Dai 60' ai 90' >> 30-50gr

    Superiore a 90' >> 50-75gr 

     

    Tengo a precisare che per carboidrati non intendo zucchero in poca acqua. 

    Un ammontare alto di semplice zucchero potrebbe portare l'organismo ad una non completa assimilazione dello zucchero stesso e a problemi digestivi. 

    Quindi è bene usare anche il quantitativo corretto di liquido. 

    Di base sarebbe opportuno utilizzare 15gr di zucchero in 250ml di liquido (1), 30gr in 500ml e così via.

     

    Quindi, imparate ad usare i carboidrati durante l'allenamento e provate a raggiungere obiettivi che prima vi sembravano quasi impossibili.

     

     

    (1) Radaelli, R., Fleck, S. J., Leite, T., Leite, R. D., Pinto, R. S., Fernandes, L., & Simão, R. (2015). Dose-Response of 1, 3, and 5 Sets of Resistance Exercise on Strength, Local Muscular Endurance, and Hypertrophy. The Journal of Strength & Conditioning Research, 29(5), 1349-1358.

     

  • Quante proteine assumere? Ultimi aggiornamenti

    Le proteine sono costituenti fondamentali delle cellule viventi, partecipano alla costituzione dei sistemi enzimatici, dell’emoglobina e degli anticorpi. Dal punto di vista metabolico, hanno un doppio ruolo: plastico ed energetico. In particolare vengono utilizzate per scopi non plastici quando le richieste energetiche dell’organismo non sono soddisfatte dai livelli di carboidrati e di lipidi introdotti con la dieta, come può accadere negli sport di resistenza o durante l’allenamento di forza.

    In queste particolari condizioni le proteine contribuiscono alla produzione energetica anche per il 10-15% del totale. Non bisogna dimenticare però che è stato dimostrato come l’uso di proteine per scopi energetici raggiunga i livelli massimi quando gli esercizi vengono svolti in uno stato di esaurimento di glicogeno. Tutto ciò sottolinea l’importanza del ruolo svolto dai carboidrati nel limitare il consumo proteico e suggerisce che essi possano attenuare il catabolismo proteico durante l’esercizio fisico (Wagenmakers et al., 1991).

    La quantità di proteine necessaria per una prestazione atletica ottimale è fonte di dibattito scientifico almeno dal 1840 quando il fisiologo tedesco Von Liebig ipotizzò che il carico proteico del muscolo rappresentasse la principale fonte energetica utilizzata per la contrazione muscolare durante l’esercizio fisico (Shenstone et al., 1895).

     

    Le osservazioni di Von Liebig hanno portato alla credenza diffusasi nel 19° e nel 20° secolo la quale i lavoratori nelle industrie esposti quotidianamente a lavori fisici pesanti e a un grosso dispendio energetico avessero una richiesta proteica maggiore rispetto agli individui sedentari.
    Ancora oggi, è abitudine diffusa tra gli atleti, sia amatoriali che professionisti di vario genere, attuare un’alimentazione che è caratterizzata da un introito proteico decisamente elevato che varia dai 4 ai 6 gr/kg di peso corporeo al giorno, traguardo questo che è molto spesso raggiunto attraverso molteplici supplementazioni amminoacidiche (Gibala et al., 2007).

    In realtà, l’approccio utilizzato dal fisiologo tedesco, fu ribaltato già nei primi anni del ‘900 quando si dimostrò che erano i carboidrati e non le proteine a rappresentare la maggiore fonte di carburante durante l’esercizio fisico; infatti per tutto il 1900 la ricerca scientifica si è concentrata principalmente sul ruolo dei grassi e dei carboidrati tralasciando quello delle proteine.

    Alcuni lavori dimostrano come la RDA giornaliera stabilita per gli individui sedentari (0.8-1.0 g/kg) sia insufficiente per atleti coinvolti in esercizi pesanti. Dagli studi si evince che tale dose risulta insufficiente persino per soggetti che si dedicano ad attività intense di fitness con conseguente aumento dell’ossidazione delle proteine corporee (Lemon et al., 1997).

    Tarnopolsky, utilizzando il bilancio d’azoto, ha dimostrato che l’intake giornaliero ottimale per gli atleti di forza deve aggirarsi tra 1.4 e 2.4 gr/kg e che quindi l’ RDA per tali atleti è pari a 1.76 gr/kg mentre per soggetti sedentari è di 0.89gr/kg.

    Negli atleti di forza infatti, contrariamente a quanto riscontrato nei soggetti sedentari, l’aumento dell’introito proteico alimentare si riflette in un aumento della sintesi proteica e quindi della massa muscolare. D’altra parte, ulteriori studi, hanno dimostrato che, per questi atleti, se è vero che aumentando l’introito proteico si ha un lieve aumento della massa muscolare, è pur vero che se l’introito supera i 2.4gr/kg si ha solo un incremento della ossidazione degli amminoacidi senza l’atteso aumento della sintesi proteica (Fern et al., 1991). Questo studio sembra fissare il tetto dell’assunzione giornaliera ottimale di proteine a 2.4gr/kg.

    L’incremento del fabbisogno proteico sembrerebbe principalmente legato alla necessità di recupero e di ripristino di proteine muscolari danneggiate durante l’allenamento e alla sintesi di proteine mitocondriali e sarcoplasmatiche (Cambpell et al., 2007).

    Sulla base delle ricerche scientifiche oggi a disposizione, la comunità scientifica risulta ormai d’accordo sull’esistenza di un effettivo modesto aumento del consumo proteico abbinato a particolari attività sportive, e quindi l’assunzione giornaliera di proteine raccomandata per gli sportivi professionisti risulta aumentata da 1 a 1.5gr/kg di peso corporeo ideale al giorno. In particolari condizioni fisiologiche, quali l’accrescimento e il potenziamento muscolare, l’attività di endurance e di elevata forza, si può incrementare l’apporto proteico fino a 1.8-2.4gr/kg di peso corporeo.

     

    Pur considerando l’incremento del fabbisogno energetico tipico degli sportivi professionisti di forza e di resistenza, è possibile affermare che anche una dieta contenente il 10-12% di proteine può avere un carico proteico sufficiente a soddisfare il suddetto aumento nella richiesta proteica, visto che l’introito calorico giornaliero stimato per alcuni atleti professionisti può essere anche di 2-3 volte maggiore a quello consigliato ai soggetti sedentari. D’altra parte, il problema che potrebbe scaturirne è che per raggiungere gli alti livelli di proteine raccomandati si possa essere indotti a mangiare grossi quantitativi di carne, introducendo anche grassi, purine e colesterolo e quindi, al fine di limitare i danni dovuti ad eccessi di queste molecole nell’organismo, si consiglia ai soggetti con elevate necessità proteiche l’utilizzo anche di integratori. 

  • Timing assunzione proteine

    Il timing dell'assunzione delle proteine è una delle strategie nutrizionali conosciute ed usate per ottimizzare la risposta adattativa ipertrofica del muscolo all'esercizio di resistenza con i pesi.

    Le varie strategie consigliano un consumo di proteine durante o dopo la sessione di allenamento per facilitare la riparazione muscolare e il rimodellamento, al massimo entro un'ora.

    Una metanalisi portata avanti dal Departmenti of Health Science del Lehman College di NY, dalla California State University e dal Weightology del WA, prova a dare una risposta a queste strategie.

    Un gruppo di atleti che ha partecipato allo studio ha assunto per 6 settimane consecutive 6gr di aminoacidi essenziali un'ora prima dell'allenamento e subito dopo l'allenamento. Un altro gruppo in studio non ha assunto proteine nelle due ore precedenti e successive all'allenamento, ma le ha assunte durante l'arco della giornata.
    A fine giornata sono state fatte varie misurazioni relative alla qualità del muscolo e all'ipertrofia, portando queste conclusioni:

    Non è stata mostrata nessuna relazione fra il consumo immediato di aa o proteine entro un'ora, prima o un'ora dopo, dalll'allenamento con i pesi e l'aumento di massa muscolare e forza.

    La metanalisi mostra che se esiste una finestra anabolica nella quale è consigliata l'assunzione di proteine, questa è maggiore di un'ora prima e dopo l'allenamento.
    Sicuramente un allenamento con i pesi richiede un maggiore intake di proteine, ma il timing di assunzione non è ben definito come invece, usualmente, viene indicato.

     

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