Dott. Francesco Margheriti - Biologo Nutrizionista

  • Carne rossa, flora batterica e... aterosclerosi

     

    Quante volte, durante le vostra vita, avete sentito dire che è consigliabile mangiare poca carne rossa perchè un uso eccessivo può minacciare la vostra salute?

    Tutte le piramide alimentari nostrane, dalle più vecchie alle più recenti, consigliano, per l'individuo in buona salute, che fa un'attività fisica moderata massimo 3 volte a settimana, un consumo di, massimo, una porzione a settimana.

    Un nuovo studio, condotto presso la Cleveland Clinic di Cleveland, Ohio, a capo del quale troviamo il Prof. Stanley Hazen, conferma che un consumo eccessivo di carne rossa è associato ad un elevato rischio di malattie cardiovascolari.

    A differenza di molti studi precedenti, Hazen si concentra sul ruolo della flora batterica e della L-carnitina, una proteina abbondante nella carne rossa.

    Sempre Hazen, in una precedente ricerca, aveva chiarito il legame fra carne rossa e aterosclerosi.

    Questa veniva e viene promossa da un composto chimico denominato trimetilamina-N-ossido (TMAO) che viene sintetizzato dalla trimetilamina, prodotta dai batteri dell'intestino a partire dalla L-carnitina.

    Nell'ultimo studio pubblicato, è stato identificato un altro metabolita prodotto in grande quantità dalla flora batterica a partire dalla L-carnitina, la gamma-butirrobetaina.

    Questo metabolita ha un tasso di circa 1000 volte più elevato rispetto alla trimetilamina prima descritta.

    Inoltre, la gamma-butirrobetaina può essere a sua volta trasformata in TMAO.

    Siamo quindi di fronte, secondo Hazen, alla sostanza più pericolosa per la salute cardiovascolare.

    Un'ultima curiosità che emerge da quest'ultimo studio è che i batteri che producono gamma-butirrobetaina sono diversi rispetto a quelli che producono TMAO.

    Questo aspetto apre nuovi scenari sulla possibile lotta e prevenzione della aterosclerosi attraverso l'inibizione di diversi enzimi batterici o attraverso il cambiamento della flora batterica intestinale con probiotici e altri trattamenti specifici.

  • Liquirizia ed effetti su dispepsia e ulcere

     

    Molti soggetti sono affetti, a volte anche per lunghi periodi, da complessi sintomatologici caratterizzati da dolore

    addominale superiore (gastralgia), digestione lenta, eruttazione, meteorismo, nausea e vomito.

    Si parla in questi casi di dispepsia episodica o cronica.

    Alcune volte, queste situazioni fisiopatologiche, si trovano associate ad altr problematiche, come le ulcere.

    Queste sono provocate, nella maggior parte dei casi, da uno squilibrio tra fattori aggressivi e fattori protettivi.

    In casi di situazioni di emergenza, come la perforazione della mucosa e della parete dell'intestino, bisogna intervenire chirurgicamente.

    Il trattamento farmacologico, di solito, è molto complesso e prevede l'utilizzo di varie categorie farmacologiche, sia a livello sintomatico che eziologico.

    Prima di arrivare a tanto, però, si potrebbe imparare ad utilizzare una pianta molto comune, sicuramente conosciuta da tanti. La liquirizia.

    Le radici e i rizomi della liquirizia contengono importanti molecole e proteine, come la glicirrizina, varie saponine, flavonoidi e cumarine.

    La liquirizia ha attività citoprotettiva, antinfiammatoria e cicatrizzante sulla mucosa gastrica e duodenale, sia per contatto diretto con la lesione, sia per stimolo indiretto alla produzione di muco da parte delle cellule della parete gastrica.

    La liquirizia trova pertanto indicazione nella prevenzione delle ulcere gastriche e duodenali, delle gastriti e delle ulcere da farmaci.

    Ha, inoltre, un effetto antispastico sulla muscolatura liscia esercitato dai flavonoidi.

    Da utilizzare sempre nelle giuste dosi e solo all'accorrenza a causa di possibili effetti collaterali, come l'aumentata perdita di potassio, eventuali effetti lassativi, ipesensibilità accertata verso uno o più componenti.

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